Necessità di trascendere
In un
recente articolo ho letto che a New Orleans gli schiavi trovavano nella danza , malgrado le condizioni drammatiche in cui
vivevano, un modo per trascendere la loro condizione di dolore e
sofferenza. “Quand’erano lì, erano
liberi. E il loro spirito prendeva il volo”. Del
resto, proseguiva l’articolo, tutti abbiamo bisogno di un momento di
trascendenza[1]. Bisogno
di trascendenza. Questa affermazione mi ha fatto riflettere e mi ha offerto
l’occasione di tentare definizione di ciò che connota un’opera d’arte, della
funzione del bello nell’arte.
Perché un’opera si definisce arte? Che
differenza fra un bello qualsiasi ed il bello artistico? Il bello ha sempre in
qualche modo a che fare con l’arte?
Credo che l’arte ci offra l’opportunità di trascendere
i limiti della nostra condizione per riflettere su di essa e non restarne del
tutto vittime. L’arte aiuta a non subire la vita, a non essere semplici elementi
che compongono le intricate situazioni dell’esistenza, ma a posizionarci al
di sopra per riflettere e donare un senso a tutto: alla vita, alla morte,
alla sofferenza, alla gioia.
Tutti abbiamo esigenza di porci al di sopra
degli avvenimenti, gioiosi o dolorosi che siano, per tentare di distillarne un
senso, una logica. Potremmo dire, facendo un passo in avanti nella nostra riflessione,
che tutti abbiamo necessità di armonia. Per armonia intendiamo
una logica, un “ordine” la cui ricerca ci è connaturale quanto il respirare. E’
una necessità per l’uomo il desiderio di dare un senso alla propria esistenza,
di vederci chiaro, di scoprire un ordine, una logica che renda chiaro il senso
degli accadimenti che coinvolgono noi e gli altri. Vale a dire trovare la
verità sull’esistere.
La bellezza è il volto dell’armonia che si
cerca. La bellezza è il volto dato dall’arte al del senso dell’esistenza.
L’opera d’arte comprende tutta l’esperienza dell’uomo: descrive il bene, il
male, il dolore, l’amore, ecc. In essa tutto si colloca all’interno di una
coerente visione del mondo.
Non a caso tutte le arti sono nate nel seno
delle religioni. (In Occidente, arti figurative e musicali hanno reciso il loro
cordone ombelicale con la religione molto tardi, nel XVII secolo). Tutte
le forme di espressione che possiamo definire arti hanno come scopo di elevare
l’uomo al di sopra della sua mera naturalità e permettergli di riconoscersi “di
più”, un “di più” di cui ha avuto rivelazione grazie alla sua razionalità.
Per
definire l’arte, possiamo senz’altro utilizzare le parole che H.G. Gadamer ha
usato per descrivere la funzione del linguaggio. Si tratta di “innalzarsi sopra
la pressione del mondo”[2],
di mettere ordine in ciò di cui egli ha avuto esperienza. Qui è evidente che
l’uomo non è la semplice risultante di una serie di condizionamenti ambientali,
biologici, culturali. Egli è di più: riesce a conferire a tutto ciò un colore,
un valore (e dunque anche un disvalore). Egli si èleva al di sopra della
molteplicità dei condizionamenti che lo caratterizzano e riesce a dare su tutto
un giudizio, a porsi al di sopra di ogni ventura e sventura per assumere una
prospettiva più ampia, che ingloba il mondo e l’esistenza tutta, nel suo darsi,
nel suo porsi. Come ogni lingua è espressione delle infinite possibilità del linguaggio
umano, delle infinite possibilità di trascendenza rispetto alle cose, così le
forme dell’arte.
Vi
sono molteplici modalità di “innalzarsi” al di sopra della realtà per vederla
nella sua globalità, donarle un senso. Più il linguaggio si affina
(letteratura, poesia, filosofia, etc…), più si avvicina al suo obiettivo più
eminente. Così è per tutte le altre sue “abilità”: il disegno, la scultura, la
musica, la costruzione di abitazioni, la gestione degli spazi urbani e
naturali…. Più l’opera è vera arte, maggiormente comunica significato[3].
Il
senso compiuto che si esprime nell’opera d’arte, come detto più sopra, deve
avere una coerenza interna, deve essere armonico. L’”argomentazione” sul senso
della vita deve essere logica e sostenibile. Sia che si dia alla vita un senso
positivo che negativo. In questo sta la bellezza dell’opera d’arte. Per questo,
sul piano religioso, l’arte è la via eminente per l’accesso alla verità. “La
via della bellezza … apre orizzonti infiniti, che spingono l’essere umano ad
uscire da se stesso, dalla routine e dall’effimero istante che passa, ad
aprirsi al Trascendente e al Mistero, a desiderare, come scopo ultimo del suo
desiderio di felicità e della sua nostalgia di assoluto, questa Bellezza
originale che è Dio stesso, Creatore di ogni bellezza creata”[4].
Marcello Tobia
[1] Rebecca Solnit, Internazionale n° 1035 del
24-30 gennaio 2014, p. 84
[2] H.G.Gadamer,
Verità e Metodo, Bompiani 1983, p. 506.
[3] Ovviamente, si può sempre
far buon e cattivo uso del linguaggio, come si può cantar bene o male, essere
intonati o stonati, saper disegnare o meno oppure disegnar male o bene. Ma
questo è un altro discorso.
[4] Via
Pulchritudinis, Pont. Cons. Cultura, 3/2006.
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