La scienza è nata da un atto di fede
Per capire che cos’è la scienza, bisogna anzitutto
chiedersi: come è nata? Da un atto di fede o da un atto di ragione? Al tempo di
Galileo Galilei le pietre, gli spaghi e i legni erano considerati oggetti
volgari. Cose cioè non degne di essere studiate. Voglio studiare gli oggetti volgari, diceva Galilei, perché
in essi c’è la mano del creatore. Studiando le pietre scoprirò le leggi
fondamentali della Natura: Colui che ha fatto il mondo ha scritto queste leggi
usando caratteri matematici.(1)
Ecco il punto cruciale: cosa ne sapeva Galileo
Galilei che, studiando gli oggetti volgari sarebbero venute fuori le
Leggi Fondamentali della Natura? Legando una pietra a uno spago e studiando
cosa succede, nessuno prevedeva che dovessero venire fuori le leggi del
pendolo.
Facendo rotolare delle pietre ben levigate lungo un
pezzo di legno e variando l’inclinazione del legno, nessuno poteva prevedere
che sarebbero venute fuori le leggi del piano inclinato. Sono proprio il
pendolo e il piano inclinato che hanno portato Galilei a scoprire la prima e la
seconda legge del moto. Queste leggi potevano anche non esistere. Cosa poteva
saperne il padre della scienza che studiando le pietre sarebbero venute fuori
queste straordinarie conquiste scientifiche?
Dire, nel milleseicento, che bisognava seguire
quella strada per scoprire le Leggi Fondamentali della natura, non era il
risultato di un discorso logico, né la soluzione matematica di una rigorosa
equazione. Quella strada era null’altro che un atto di fede in colui che ha
fatto il mondo.
I nostri giganteschi acceleratori di particelle, i
nostri laboratori in cui si studiano le spettacolari particolarità dell’Immanente
nascono da quella fede negli oggetti volgari. Fede che doveva portare Galilei a
far nascere la scienza quale suprema attività dell’uomo che, con umiltà, studia
la natura.
Nata con un atto di fede nel creato, la scienza non
ha mai tradito il Padre suo. Essa ha scoperto -nell’Immanente- nuove
leggi, nuovi fenomeni, inaspettate regolarità, senza però mai scalfire, anche
in minima parte, il Trascendente.
La scienza si presenta oggi, alla cultura del nostro tempo, come il baluardo più potente per corroborare di Verità quella Fede galileiana nella natura quale portatrice delle impronte del Creatore.
La scienza si presenta oggi, alla cultura del nostro tempo, come il baluardo più potente per corroborare di Verità quella Fede galileiana nella natura quale portatrice delle impronte del Creatore.
A quattro secoli da Galilei si erge in tutta la sua
splendida chiarezza quanto il padre della scienza seppe vedere con un puro atto
di fede: la Natura e la Bibbia sono entrambe opere dello stesso creatore. La
Bibbia è la parola di Dio. La natura è invece la sua scrittura.
La scienza ha come obbiettivo di capire ciò che
Iddio ha scritto, usando il rigore della matematica. Le leggi fondamentali
della natura sono infatti espresse da precise equazioni matematiche; diceva e
pensava Galilei. Cosa ne sapeva il padre della scienza che, studiando come
oscillano i pendoli o come rotolano le pietre lungo un piano inclinato,
dovessero venire fuori leggi rigorose? Poteva benissimo venir fuori il Caos,
l’arbitrio, il capriccio: un giorno così, un anno non più. A Pisa una legge,
sulla luna un’altra. Galilei invece pensava a leggi fondamentali e universali,
esprimibili in forma rigorosamente matematica. L’insieme di queste leggi doveva
rappresentare, e di fatto rappresenta, la Logica del Creato. In quella pietra
c’è la mano del Signore. “Studiando gli oggetti volgari scoprirò le
Leggi di Colui che ha fatto il mondo”. Fu questa fede che spinse Galilei a
sfidare la cultura dominante del suo tempo. Lui voleva semplicemente leggere il
Libro della Natura, scritto dal Creatore con caratteri matematici.
Riassumendo: la Bibbia è scritta in modo
semplice, affinché tutti possano capirla
e non ha lo scopo di spiegare come è fatta la parte immanente della nostra esistenza.
Essa ha lo scopo di tracciare per l’uomo la via che conduce al Signore. Il Libro
della Natura ci rivela come è stato costruito il mondo, l’opera della
creazione. Quest’opera non poteva che esser scritta in modo rigoroso, con
caratteri matematici. Ecco perché spetta agli scienziati, in prima persona,
adoperarsi affinché tutti possano saper leggere quel libro stupendo e
affascinante. In esso c’è scritto come è fatto il mondo. Saperlo leggere vuol
dire mettere a beneficio dell’uomo le leggi che reggono il Cosmo, in comunione
e non in antitesi, con la Parola di Dio, che è la Bibbia.
Se vivessimo nell’era della Scienza, queste verità
sarebbero patrimonio culturale di tutti.
(A.Zichichi, Perché io credo in Colui
che ha fatto il
mondo, Il Saggiatore, Milano 2007,
pp.29-31, 48-49)
1
Opere di Galileo Galilei, Il Saggiatore, ed. Naz., VI, 232.
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