Bellezze
La
bellezza dell’arte ha un sovrappiù di significato, che siamo venuti fin qui
dicendo. Il bello dell’arte fa riflettere, èleva al di sopra della mera
quotidianità, anche se nell’arte molto spesso è proprio questa ad essere
rappresentata, nel suo dolore e nelle fatiche che comporta. Il bello dell’arte
fa riflettere perché nasconde in sé o meglio svela un mondo “ideale”, cioè di
idee ultime, fondamentali, basilari, alla cui luce l’artista ed il suo fruitore
leggono il mondo, questo mondo.
Nell’arte
ci si immerge in un mondo che ha dell’iperuranio platonico. In esso si esprime
il giusto, il buono, il bene, il male; si trovano insegnamenti sul come vivere.
Ovviamente, non solo in opere d’arte di oggetto religioso. Tutto questo lo si
trova in paesaggi, marine, ritratti, momenti di vita quotidiana, vita di
poveri, di ricchi, di borghesi…. L’opera d’arte provoca una specie di catarsi
che spinge l’uomo a rientrare in se stesso -anche quando si tratta di soggetti
materiali e lontani da qualsiasi riferimento al pensiero- e a pensare.
Perciò
l’arte è sempre stata vista con grande sospetto dai sistemi autoritari[1]
e sottoposta a controlli e censure pari a quelle del pensiero politico e
filosofico.
La
bellezza in se stessa non è facile a definirsi. Il bel libro di Umberto Eco[2]
ne tratteggia una storia di definizioni molto ampia ed eterogenea. Anche il
corposo testo Sexualis Personae[3] riflette su questo tema, ma ha per oggetto soprattutto l'eros. Cioè il tentativo, nell'arte, di fare dell’elemento erotico una occasione di
contemplazione del bello senza scivolare nel volgare (di cui parleremo più
avanti).
Bello
potrebbe essere definibile semplicemente come ciò che attrae, che piace, che
rende la vita quotidiana più leggera e vivibile. Certo, in questo modo si
rischia la superficialità e l’appiattimento alla banalità delle mode e dei
cosiddetti “gusti personali”. E questi possono essere a loro volta buoni o
cattivi. L’idea di bellezza deve far riferimento in ogni caso a qualcosa di più
di quel che il soggetto considera bello in un dato momento della propria vita,
della storia, nel fluttuare delle mode.
Oggi
il bello si confonde con le mode in un continuo ricambio di prototipi, diciamo
così, a cui la massa tende ad adeguarsi perché ad essi assuefatta attraverso i
media e da essi fortemente condizionata. Il bello è la moda ed è perciò dettato
dal mercato e soggetto alle leggi del mercato. Bello è ciò che fra poco non lo
sarà più, soppiantato da altri tipi di bello e che presto sarà considerato ridicolo.
Anche
l’arte, purtroppo, è diventata per lo più una questione di business, come le
mode. Arte e bellezza spesso non hanno nulla in comune. Ciò che oggi per lo più
si definisce arte è soltanto frutto di una ostinata ricerca dell’originalità,
di qualcosa di eccentrico rispetto alla normalità delle cose e dei gusti, per
provocare la chiacchiera, lo scandalo, la pubblicità, in poche parole. Il
motivo di questa trasformazione è complesso. Poi lo vedremo. Per ora
riflettiamo sul fatto in se stesso, cioè sulla acquisizione nel campo dell’arte
di determinate forme di espressione tipiche della modernità.
Spruzzi
casuali di colore sulla tela o tagli dovuti a coltellate; l’esposizione di feci
in barattolo, mucchi di seggiole di plastica o scatoloni di prodotti
commerciali, quando non vera e propria spazzatura di vario genere sono proposti
come oggetti d’arte[4]. Molto hanno
di provocatorio, senza dubbio, non senza un certo snobismo; spessissimo si
tratta di veri esempi di semplice narcisismo. Tutti, però, hanno qualcosa in
comune. L’assenza di quel genere di bellezza, tipico dell’arte, che spinga ad
una dimensione trascendentale, che porti ad una riflessione, all’introspezione,
alla contemplazione “del mondo delle idee”, come direbbe Platone. Si tratta di
arte? Certo queste opere si impongono all’attenzione di tutti attraverso la
potente macchina della propaganda del settore che li consacra come opere d’arte
ed inevitabilmente le pone all’attenzione di tutti. Chiunque, sufficientemente
sfacciato ed ignorante, se potesse esporre al MOMA di N.Y. ed aver spazio in
riviste specializzate disponibili a recensioni ottimistiche e positive,
potrebbe in breve essere annoverato fra i personaggi importanti dell’arte contemporanea.
Questo
immiserimento dei contenuti dell’arte è l’altra faccia della sua riduzione a
mero fatto commerciale. Dall’alto dei poteri economici e delle lobby culturali
di certi paesi –soprattutto gli USA, imbattibili nello smercio di banalità-
viene definita come arte qualsiasi cosa possa provocare, risultare
inaspettatamente inusuale per la sua banalità o il suo cattivo gusto.
In
certi casi si può concedere che determinate opere riescano ad essere semplici
oggetti decorativi, adattabili, a seconda dello stile, in appartamenti
supermoderni od uffici, banche, atrii di hotel di lusso…. Poco di più. Non si
può dire che certi quadri o certe sculture siano brutti… di certo non sono
opere d’arte nel senso da noi inteso. Begli accostamenti di colore, un tocco di
inusualità…. Nulla più.
Nel
recente romanzo “Il più grande artista del mondo dopo Hitler”, di Massimiliano
Parente, si tratta di un uomo, Max Fontana, il quale, fra i suoi molteplici
deliri di onnipotenza ed autodistruzione,
ha capito che per diventare un grande artista ed entrare a far parte
della storia, occorre fare qualcosa di assolutamente originale ed irripetibile per altri. Qualcosa che batta ogni record e lo consacri definitivamente
nell’Arcadia. Egli sa che non occorre esser bravo a disegnare, scolpire,
fotografare, scrivere: per diventare un grande artista occorre fare qualcosa di
eclatante. Come Hitler, anche se quest’ultimo non potrà mai essere uguagliato
nella storia per ciò che ha fatto. Il romanzo segue il protagonista in tutte le
sue bizzarrie per arrivare ad essere notato dalla stampa e dall’opinione pubblica….
Potremmo forse dire che il nostro eroe sbaglia per eccesso. In realtà al giorno
d’oggi, per “essere qualcuno” dal punto di vista della fama di pubblico, basta
far presenza fissa in un semplice talk show o in uno dei cosiddetti reality. A
quel punto, come già abbiamo purtroppo potuto constatare, pressoché tutte le
strade si aprono e credo proprio che non sarebbe difficile trasformare in artista
uno di questi personaggi (in pseudoattori ci si è già riusciti).
[1] E. Wind,
“Arte e anarchia”, Mondatori 1972
[2] Umberto Eco,
Storia della Bellezza, Bompiani 2012
[3] Sexualis
Personae, Einaudi
[4] Recentemente
è comparsa una notizia sul giornale che diceva che una donna delle pulizie ha
spazzato un’”opera d’arte” fatta di mozziconi di sigaretta e rifiuti di altro
genere.
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